Presentazione dell’attività di David Urru
Dott. Andrea Cirelli, socio fondatore dell’ A.I.A.M. Accademia Internazionale di Arte Moderna, docente dell’Università L.U.I.G. , psicologo e psicoterapeuta, Socio e docente dell’Accademia del Sè.
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L’intera vita del Maestro David Urru è una ricerca continua. Non si è mai accontentato di risposte preconfezionate, si è sempre accorto che qualcosa non funzionava , quando non funziona. La sua ironia e anche una capacità critica fuori dal comune la sua voglia di sperimentare nuove strade e, soprattutto, il suo senso artistico, lo hanno guidato a volte portandolo ad errare in strade sempre poco percorse. In un certo momento della vita ha riscoperto il valore dell’umanità, ma c’è bisogno di specificare che la sua ricerca lo ha portato a riscoprire i veri valori intrinseci e forse anche dimenticati dell’Uomo, non certo quelli dell’uomo omologato, memetico, o quello che subisce in servitù l’intera esistenza. La ricerca ha quindi trovato finalmente un indirizzo, una strada sorprendente, entusiasmante.
Dal punto di vista artistico, perché di questo voglio parlare, David Urru ha ritrovato quell’arte di pochi, quella che racconta agli altri la presenza dello spirito. Quell’arte che alcuni colgono al volo, istintivamente, sena ragionamenti astrusi e che per altri invece è una incognita perenne. E’ arte dello spirito , di qualcosa che ancora deve accadere , deve materializzarsi ma già c’è; i sensi esterni ancora non vedono, non si sentono ma la mente intuisce. Intuisce l’attimo a-priori, quell’attimo che formalizza prima che le cose accadano, quel momento che potremmo scambiare per visionario ma che può percepire una acuta sensibilità. E’ il momento dell’intuizione che arriva subito scavalcando di un balzo tutti i passaggi e le incertezze della logica razionale.
Per questo motivo l’arte del Maestro Urru può definirsi informale. Precede la formazione materiale o la storia che si svolge in seguito all’intuizione o al determinismo. Perché dovremmo anche prendere atto che i miliardi di mutazioni che ci sono nel nostro mondo, dal muoversi di una foglia, al salto di un elettrone ad un pensiero fanno parte di un preciso determinismo. Nell’uomo l’intenzionalità psicologica.
Il gioco dell’arte è Spirito, e lo Spirito proietta già il futuro. Per questo lo distinguo dall’anima o, perlomeno potremmo dire l’anima c’è già, grande, magnifica, lo spirito ne è la proiesione, il possibile, l’apriorico.
Nel suo percorso artistico Urru, come nella vita, ricerca nuove forme, nuovi percorsi. Il fine della sua arte è estetica, è il bello, è l’esaltazione dell’Uomo , del suo valore, della sua intelligenza. Un discorso opposto a quello di quell’arte che vuole rappresentare il fallimento, la malattia, il dolore, la morte.
Nelle varie sperimentazioni quella dell’abito la vedo come una delle più interessanti ed anche divertenti.
L’abito dipinto, il cappello, gli accessori, esaltano la bellezza del corpo umano, lo illuminano e ne danno il segnale dell’anima. L’anima è bella, allegra, gioiosa, piena appunto di spirito.
L’abito dipinto è un’opera unica, chi lo sceglie sceglie la propria esaltazione, il proprio bello e non è necessario ragionarci sopra, è sufficiente scegliere attraverso il proprio piacere. Quel piacere di essere unici che spesso è negato dalle uniformi che vediamo in giro, anche se firmate da grandi ed importanti marche.
Questo è l’andare contro corrente di David Urru, che contrasta l’appiattimento generale in uno dei bisogni primari di ogni essere umano: vestirsi. Già, perché vestirsi è un bisogno primario dell’uomo.
Ci vuole anche il coraggio di distinguersi dalla massa e naturalmente la consapevolezza che in una piazza affollata un abito del genere fa risaltare di luce solo chi lo indossa e, per contrasto, ingrigisce ancora di più gli altri. Quindi ci vuole una bella personalità, una grande allegria . Ci si veste di luce, anche il tratto nero illumina, anzi forse più degli altri colori. Ci si veste di bello, si esalta la propria bellezza, non solo, si veste la propria intelligenza e si veste il proprio campo eterico. Ma certamente le tre cose coincidono.
"In un primo impatto
con le opere di David Urru, esposte
al Centro Commerciale Pesciarelli di Magione (PG) s'intuisce subito la sua
ragione estetica, che ha origine
nella cosiddetta pittura
di azione americana degli anni cinquanta in cui convergono
numerosissimi artisti con una grande varietà di modi e umori espressivi: pittura che per il nostro
comune senso artistico appare particolarmente robusta, impetuosa e quasi brutale. Più vasti e massicci sono i movimenti
che danno vita a queste pitture, più violenti e spesso stridenti
sono i colori che hanno timbri
del tutto insoliti rispetto a quelli europei
e parigini in specie; più coraggiose, per la loro dimensione gigantesca, le tele e in genere le superfici ricoperte.
Un'altra caratteristica distintiva di questa pittura
è una certa "indifferenza" rispetto
alla presenza o meno di elementi figurativi entro la tessitura
astratta del dipinto. La pittura di azione americana nasce come estremizzazione del movimento espressionista centro europeo, del
surrealismo e dell'astrattismo.
Urru sembra aver intimamente assorbito queste lezioni,
in particolare l'estetica di Pollock, dalla
quale parte alla ricerca di un suo linguaggio espressivo. Infatti già i lavori di dimensione più piccola, si possono accomunare in un esperimento di una pittura decisamente gestuale che rompe gli schemi
del quadro da cavalletto, del piacevole e lindo dipinto
dai grati colori,
dai teneri impasti,
dalle "stitiche" stesure di "buoni" colori ad olio
delle migliori marche Ulteriore esperimento alla Pollock lo si trova nei quadri di maggiore
impegno dove usa il colore secondo la tecnica del
dripping, ossia il lasciar sgocciolare il
colore da un recipiente sospeso sopra la tela posta orizzontalmente. Urru però va oltre e sperimenta nei quadri di maggiore impegno
nuovi materiali e nuove tecniche, anche sovrapposte, così da
raggiungere una sorta di espressionismo astratto, in un caos organizzato che ci porta
ai confini della
materia dell' infinitamente
grande come dell' infinitamente piccolo, intuizione intima di un'intelligenza vitale trascendente. Lo spazio cosmico
sembra essere divenuto
il suo approdo dove plasma e nebulose si muovono
in un contesto cromatico vivace
su toni felicemente accordati: qui è persino possibile individuare forme e significati
lasciati alla sensibilità interpretativa dell' osservatore.
Ciò non è comunque
il suo punto di arrivo.
Il vetro sintetico
gli ha offerto una nuova possibilità di spaziare in opere dall'imprevedibile
contenuto plastico e cromatico.
Così ecco le trame
policrome che avvolgono bottiglie di vero vetro dando
all'insieme una valenza misteriosa sul contenuto; ecco
incredibili fusioni di forme colorate affogate in magma trasparente; ecco possibili gioielli
per una gioventù
dirompente con la tradizione.
E qui è lo stesso artista a sorprendersi dei suoi risultati"
Arnaldo Ceccato, Docente di disegno, pittura,
Storia dell'Arte presso
l'univesità UNITRE di Castiglione
del Lago
A Sant'Arcangelo di Magione inaugurata la mostra di David Urru, artista colto e solare
La sua vicenda artistica attraversa il figurativo per giungere all’informale, corroborata da una robusta dose di preparazione storica e letteraria
Una bella mostra, quella di David Uru, inaugurata sabato scorso a Sant’Arcangelo, nell’àmbito della partecipata sagra locale.Nel circolo in zona festa, un’esposizione dell’artista che propone una serie di opere di elevata ispirazione. Con numerosi visitatori, fra i quali abbiamo individuato il collega Stefano Chiacchella, il sindaco Giacomo Chiodini e l’assessore Vanni Ruggeri.
Urru proviene da un percorso strutturato (Istituto d’Arte, Accademia) e dimostra di aver ampiamente metabolizzato l’insegnamento di Maestri come Edgardo Abbozzo. La sua vicenda artistica attraversa il figurativo per giungere all’informale, corroborata da una robusta dose di preparazione storica e letteraria.
Uno dei suoi maestri a Palazzo Manzoni è stato Alessandro Marabottini, un genio le cui collezioni d’arte sono in mostra permanente a Palazzo Baldeschi, ad opera della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Urru dà corpo ai fantasmi dell’inconscio e declina l’arte orientandola nel versante dell’equilibrio e della gioia. “Il Grido di Munch è un’opera straordinaria – dice – ma genera disagio e perfino orrore. Io, viceversa, ho una concezione dell’arte come fonte di serenità”.
Insomma: espressione artistica come via d’uscita dal buio della condizione esistenziale, per contrastare i dardi dell’avversa fortuna e “contrastandoli por fine ad essi”, per dirla con Amleto.Anche il mare effigiato da Urru è visto da dentro, vissuto come compenetrazione tra viventi, in una dimensione di fraterna condivisione.
Il volo di un gabbiano eleva a una superiore estensione di purezza, distillata dal colore che non è drammatico, ma rasserenante. I volti umani che s’intravvedono tra le forme astratte ci riconducono all’“hic et nunc”. Insomma: il tragico che diviene elegiaco, arte come processo di verità e non finzione, anche per librarsi al di sopra delle umane miserie. Un desiderio di andar oltre, di scoprire nuovi e confortanti prospettive, aperte alla speranza. Una mostra dalla quale si esce migliori, come in un processo catartico. Anche se non si è letto il quarto libro della “Metafisica” di Aristotele. Come invece ha fatto David.
Sandro Francesco Allegrini 10 luglio 2018
Per capire, interpretare, "collegarsi" con l'opera di David Urru,
dobbiamo da subito
accettare di trovarci di fronte a un uomo che ha
grande consapevolezza del sé e ogni atto creativo, ogni elaborazione del pensiero attinge
idee e materia all'interno delle riflessioni personali e non soltanto dalle sue emozioni e pulsioni. Uomo creativo, ma anche soggetto
attivo nel confronto quotidiano con
l'altro da sé. Interprete solitario e vivace d'ogni azione
dell'uomo nell'agire sociale.
Attraverso l'accettazione del non-Io, del contatto umano, del lavoro per impulsi creativi, nei quali si
mimetizza, ha la capacità di aprire gli aspetti interiori
più nascosti, ma anche più stimolanti e vivi. Ha raggiunto esiti estremamente interessanti, un
risultato ottenuto con molto studio e costanza
di ricerca, certo, ma che è anche frutto di una abilità
a trasformare la propria poetica in un "messaggio" universale: una conquista, questa,
non comune. Quella
che l'artista "mostra" è certamente una pittura
colta, che nasce da tutti gli studi intrapresi: soprattutto per certe note cromatiche e le atmosfere sospese in uno spazio temporale difficilmente circoscrivibili, per certe forme segniche leggere
e immediatamente fruibili. Arte e meditazione, estro e razionalità, caratteristiche proprie della
sua cultura umanistica. Il colore, appunto, attraverso una ricca
scala di grigi,
bianchi, verdi e azzurri, attira
la nostra attenzione in percorsi che appartengono alla nostra sensibilità e alla nostra predisposizione al mistero. In esso possiamo
ritrovarvi l'Urru primordiale dal punto di vista
antropologico, ma soprattutto l'artista che sa guardare e vivere la natura con estremo rispetto
e "devota" adesione. La natura umbra,
soprattutto, una
caratteristica questa che aiuta a comprendere proprio quel concetto di universalità a cui si accennava prima, e che raggiunge il risultato elaborativo ed espressivo finale anche grazie ad un processo di astrazione, come si evidenzia
nella sintesi dei volumi che compongono le sue opere. In tutto questo, la figura umana appare come abbreviazione
del pensiero, sottile confine delle
idee. Eppure: più che "traccia", vi è la presenza di un'assenza, una vibrazione fatta d'intuizione e
percezione grafica, spazio e campitura a cui riportare
la materia dell'essere oltre noi stessi.
Forse il segreto
della sua arte, allora, sta nell'essere una pittura
che ci rimanda
nei luoghi dell'esistenza primaria dell'uomo, quelli tutti interiori
della dimensione sconosciuta, quella della memoria, che
appartiene a tutti noi, in cui ricordi
e sogni si mescolano per parlarci della nostra solitudine, della nostra vanità e
superbia. In definitiva, David Urru offre un percorso artistico che affonda le radici in un lirismo
cromatico, cosa che molta pittura
contemporanea ha dimenticato.
Il suo fluire nella tessitura del racconto pittorico apre squarci di raro fascino,
ma allo stesso tempo riesce a far percepire l'interiorizzazione del colore quale espressione dell'Io pensante oltre il già visto e consueto.
Nel suo percorso diacronico, la sua arte ha reso sempre più efficace
l'incidenza "grafica" sino ad approdare in un ductus a
macchia e in cui il cromatismo diventa
più fluido e coinvolgente. Si ha l'impressione, persino, che voglia
dipingere non soggetti, ma atmosfere, concetti. E qui la lezione ontoartistica meneghettiana è tutta
presente. L'opera, dunque,
si erge a simbolo e l'opera rappresenta visioni
del sé, lasciando massima libertà d'agire
nella campitura e riflettendo un sicuro temperamento espressivo, caldo, coinvolgente e meditativo. La
"figurazione" è
contrassegnata dalla cromaticità dei sentimenti, ma anche della dimensione fluida,
leggera, aperta della natura.
Per Urru, il quadro è il momento della traslazione estetica dell'interiorità, costruisce delle trame
formali che si evidenziano per scioltezza, dosa sapientemente i
timbri, i contrasti, le tonalità. C'è una ricerca
sofferta di un'emozione antica, di una nostalgia sottile
che suscita un riempimento dell'anima per un sogno
che nelle tele si confonde con il reale e rivive nei suoi colori, assottigliando il confine tra ciò che è e ciò che vorremmo
che fosse.
Maggio 2014 Pino Bonanno